Riciclabile, compostabile, biodegradabile: la norma UNI 13432 e l’imballaggio del futuro

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Riciclabilità, compostabilità e biodegradabilità: i requisiti di compatibilità ambientale sono sempre più strategici per il mercato degli imballaggi e degli articoli destinati al contatto con gli alimenti. Da un lato, il legislatore comunitario pone con crescente fermezza gli obiettivi di sostenibilità ed economia circolare, mirando a ridurre quanto più possibile l’uso di materiali non recuperabili attraverso norme come questa; dall’altro aumenta la consapevolezza dei consumatori per le conseguenze delle proprie abitudini nei confronti della salute e dell’ambiente.
Un imballaggio riciclabile oppure compostabile e biodegradabile, sicuro e di qualità, è una delle risposte a un bisogno dei mercati destinato a crescere: una scelta, dunque, a garanzia dell’ambiente, delle persone e anche del business.
In questo articolo approfondiamo i requisiti di compostabilità e biodegradabilità, per i quali è necessario formare una maggiore cultura e consapevolezza tanto nei consumatori quanto negli operatori di filiera. Guidelines come questa evidenziano quanto sia importante porre rimedio a una comunicazione ancora ambigua e imprecisa, in merito ai nuovi materiali che stanno via via comparendo sul mercato.

Bio-imballaggi: il mercato di oggi e di domani

Il mercato delle bioplastiche ci dà la misura di quanto stia accadendo sul fronte degli imballaggi sostenibili.  Secondo i dati emersi alla quattordicesima conferenza di European Bioplastics, il 2019 ha fatto registrare una produzione di 2,11 milioni di tonnellate di bioplastiche, che saliranno a 2,43 milioni nel 2024. A oggi, questi materiali rappresentano soltanto l’1% degli oltre 359 milioni di tonnellate di materiali plastici prodotti ogni anno nel mondo, ma la tendenza in forte crescita lascia intuire facilmente la direzione del mercato nel prossimo futuro.

Fonte: European Bioplastics

Attualmente, esistono alternative “bio” per ogni materiale plastico tradizionale impiegato per i più svariati usi: dal tessile all’industria automobilistica, dall’elettronica ai prodotti di più largo consumo. Il packaging rappresenta la più ampia fetta di mercato per le bio-plastiche, con il 53% della produzione totale nel 2019 (circa 1,14 milioni di tonnellate). Inoltre, si prevede che nei prossimi cinque anni questo settore produttivo continuerà a diversificarsi fortemente: cresceranno le sperimentazioni, verranno sintetizzati nuovi materiali plastici non semplicemente bio-based, cioè ricavati da fonti rinnovabili e non fossili, ma soprattutto biodegradabili.
A stare a questi dati, dunque, siamo solo agli inizi: prese nella morsa delle normative per l’economia circolare da un lato e dei consumatori sempre più esigenti e consapevoli dall’altro, le aziende sono alla ricerca di soluzioni green. In ballo ci sono la fedeltà al brand e margini di business sempre più ampi: quell’87% di cittadini europei che oggi si dichiara fortemente preoccupato per l’impatto ambientale della plastica (fonte Eurostat) è alla ricerca di prodotti e servizi per riconfigurare la propria vita in modo sostenibile.

Dalla Direttiva 94/62/CE alla norma UNI EN 13432

Dunque, come possiamo garantire imballaggi sostenibili?
Attenendoci alle indicazioni della norma UNI EN 13432:2002.
Si tratta di una norma volontaria, armonizzata a livello europeo, che individua i requisiti che un imballaggio deve soddisfare per essere recuperato attraverso compostaggio o biodegradazione e ne stabilisce i relativi criteri di valutazione. Definisce cioè lo standard da rispettare per la certificazione dei prodotti in bioplastica e in carta o cellulosa o composti da un mix di entrambi.

La norma UNI EN 13432 nasce come integrazione della Direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, successivamente modificata dalla Direttiva 2018/852/UE. Oltre a tutelare l’ambiente e la salute umana nonché incoraggiare una migliore gestione delle risorse e delle materie prime, queste disposizioni mirano a:

  • prevenire la produzione di rifiuti da imballaggio;
  • incentivare il riutilizzo, il riciclaggio e altre forme di recupero degli imballaggi piuttosto che il loro smaltimento, in pieno accordo alla “gerarchia” dei rifiuti come esplicata nella Direttiva 2008/98/CE: al pari di questa, mira a contribuire al passaggio verso un’economia di tipo circolare;
  • fissare concreti obiettivi di riciclaggio: il 65% di tutti i rifiuti da imballaggio entro il 2025; il 70% entro il 2030.

Tuttavia, la Direttiva 94/62/CE poneva delle ambiguità a partire dall’interpretazione degli stessi termini compostabile e biodegradabile: la norma UNI EN 13432:2002 nasce proprio per porre un rimedio a queste lacune, definendo i criteri specifici sulla base dei quali un materiale può essere definito compostabile e biodegradabile. Tale norma, riportata nella Gazzetta Ufficiale della Comunità europea, fornisce presunzione di conformità alla Direttiva 94/62/CE

In conseguenza della Direttiva, l’Ente di normazione italiano UNI ha pubblicato le seguenti norme tecniche con i riferimenti nazionali, che non sono ancora stati ripresi dall’ordinamento legislativo interno:

  • UNI EN 13427:2005 – Imballaggi: Requisiti per l’utilizzo di norme europee nel campo degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;
  • UNI EN 13428:2005 – Imballaggi: Requisiti specifici per la fabbricazione e la composizione – Prevenzione per ridurne la fonte;
  • UNI EN 13429:2005 – Imballaggi: Riutilizzo;
  • UNI EN 13430:2005 – Imballaggi: Requisiti per imballaggi recuperabili per riciclo di materiali;
  • UNI EN 13431:2005 – Imballaggi: Requisiti per imballaggi recuperabili sotto forma di recupero energetico compresa la specifica del potere calorifico inferiore minimo;
  • UNI EN 13432:2002 – Imballaggi: Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione – Schema di prova e criteri di valutazione per l’accettazione finale degli imballaggi.

Degradazione e biodegradazione non sono la stessa cosa

Per capire meglio quali caratteristiche deve possedere un imballaggio sostenibile secondo la norma UNI EN 13432, è utile evidenziare una prima distinzione:

  • Degradazione: è il processo di frammentazione del materiale, che avviene tramite l’azione di agenti fisici e chimici;
  • Biodegradazione: è il processo di decomposizione di un composto organico, che avviene grazie all’azione di microrganismi in due diverse condizioni:
    • Biodegradazione aerobica: Il processo, che avviene in presenza di ossigeno, permette alla sostanza organica di degradarsi in anidride carbonica, acqua, sali minerali e nuova biomassa, la quale viene recuperata tramite compostaggio e impiegata successivamente come ammendante o substrato in agricoltura e nel florovivaismo;
    • Biodegradazione anaerobica: Il processo, che avviene in assenza di ossigeno, permette alla sostanza di degradarsi in anidride carbonica, metano, sali minerali e nuova biomassa. Nel caso specifico questo trattamento, detto biogassificazione, consente di convertire gli imballaggi in:
      • combustibile gassoso, che sarà poi destinato a recupero energetico;
      • compost ottenuto dai fanghi residui dalla digestione anaerobica, che verrà riutilizzato come nel caso precedente.

La biodegradabilità è una proprietà relativa

La norma UNI EN 13432 evidenzia anche un altro fattore, importante ai fini di una corretta comprensione di questi processi. La biodegradabilità dei materiali è una proprietà relativa, che varia in funzione delle condizioni ambientali e dei tempi in cui avviene. Per questo, sulla base dei vari contesti sono previsti diversi standard di laboratorio:

  • Biodegradabilità nel suolo: ISO 17556; ASTM D5988;
  • Biodegradabilità in acque libere marine e dolci: ASTM D6691, D6692, D5209;
  • Biodegradabilità in impianti di compostaggio: EN14046; ASTM D5338; ISO 14855. Per tali impianti è definito il parametro di biodegradabilità ultima in quanto livello massimo di biodegradazione a condizioni e tempi ben definiti;
  • Biodegradabilità in impianti di digestione anaerobica: ISO 14853-15985; ASTM D5511;
  • Biodegradabilità in impianti di trattamento di acque reflue: ISO 14851-14852; ASTM D5209.

Quando un materiale è compostabile?

Sulla base della norma UNI EN 13432, un materiale è compostabile, o meglio biocompostabile, se soddisfa tutte le seguenti condizioni:

  • Biodegradabilità: Le sue componenti di base sono degradabili almeno per il 90% entro 6 mesi in presenza di un ambiente ricco di anidride carbonica (valore verificato attraverso lo standard ISO 14855);
  • Disintegrabilità: Il 90% della massa del materiale deve essere costituita da frammenti di dimensioni inferiori a 2 mm (valore verificato attraverso lo standard ISO 14045);
  • Assenza di effetti negativi (Ecotossicità): Il materiale non deve avere effetti negativi sul processo di compostaggio ovvero il compost risultante deve essere libero da sostanze ad azione eco-tossica e rispettare determinate caratteristiche di qualità;
  • Bassi livelli di metalli pesanti e composti fluorurati: La concentrazione di metalli pesanti e composti fluorurati, additivati al materiale affinché assicuri le performance desiderate, deve restare al di sotto di determinate soglie;
  • Altri parametri chimico-fisici: I valori di pH, il contenuto salino e le concentrazioni di solidi volatili, azoto, fosforo, magnesio e potassio devono restare al di sotto dei limiti stabiliti.

La norma UNI EN 13432:2002 stabilisce inoltre che:

  • La biodegradabilità deve essere determinata per ogni costituente organico significativo del materiale di imballaggio, cioè per qualsiasi costituente organico presente in misura maggiore dell’1% della massa secca del materiale;
  • La proporzione totale dei costituenti organici per i quali non sia stato possibile verificare la biodegradabilità non deve essere superiore al 5%.

Biodegradabile non è sinonimo di compostabile

Si noti che biodegradabile e compostabile non indicano la stessa proprietà: come abbiamo appena visto, la prima è una condizione necessaria ma non sufficiente per il verificarsi della seconda.
Con biodegradabilità si indica, infatti, soltanto la tendenza di un materiale a essere convertito in anidride carbonica attraverso l’opera di microrganismi, al pari dei rifiuti organici naturali.
Questo implica che un materiale biodegradabile non è necessariamente compostabile perché, ad esempio, potrebbe non disintegrarsi a sufficienza durante un ciclo di compostaggio. Allo stesso modo, un materiale che si scompone in frammenti di dimensioni inferiori a 2 mm, che tuttavia non risultano del tutto biodegradabili, non potrà essere definito compostabile.

L’imballaggio del futuro

Che si tratti di vetro, metalli, plastica oppure carta e cellulosa, il packaging di domani dovrà essere il più possibile sostenibile per l’ambiente e la salute umana. La sostenibilità e la circolarità degli imballaggi segue la stessa direzione richiesta agli altri materiali, ovvero quella promossa dalla Direttiva 2008/98/CE: prima di smaltirli in quanto rifiuti, dobbiamo fare tutto quanto in nostro possesso per prevenirne l’utilizzo, riutilizzarli, riciclarli e infine recuperarli.
I requisiti di biodegradabilità e compostabilità si collocano a un gradino basso di questa “piramide” ma rappresentano, indubbiamente, un rimedio efficace alla situazione attuale che vede gli imballaggi tra i principali responsabili dell’inquinamento da plastiche. Si tratta, infatti, di operazioni di recupero, dunque meno virtuose di un eventuale riciclo o riutilizzo, ma rappresentano il primo importante cambiamento verso un’economia realmente circolare.
Bioplastiche, carta e cellulosa hanno le “carte in regola” per scrivere il futuro del packaging sulla base della loro intrinseca predisposizione al riciclo e al recupero, ma non dimentichiamo che tutto dipende dal nostro comportamento. I materiali sono una risorsa, di qualsiasi tipo essi siano. Demonizzare la plastica tradizionale, cioè derivante da fonti fossili, è un errore di prospettiva: siamo noi a dare circolarità al flusso di materiali, risorse ed energie, a scegliere che cosa sia un rifiuto e che cosa un bene.
Gli imballaggi del futuro dovranno dotarsi delle caratteristiche necessarie affinché siano minimizzate le probabilità di una loro trasformazione in rifiuto; ce lo chiedono gli enti normativi, i consumatori e l’ambiente. Progettarli e realizzarli garantendo i requisiti di riciclabilità, biodegradabilità e compostabilità è la strada da percorrere per costruire, insieme, un mondo migliore!

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5 Commenti

  1. […] In questo articolo, abbiamo visto che cosa significhi compostabile, termine da non confondere con il più generico biodegradabile, con il quale talvolta viene erroneamente confuso. In quest’altro articolo, inoltre, abbiamo scoperto come ottenere una delle più prestigiose certificazioni internazionali a garanzia della compostabilità, OK Compost Industrial di TÜV Austria. […]

  2. […] Il 12 settembre si celebra la Giornata internazionale Senza Sacchetti di Plastica: istituita nel 2009 dalla Marine Conservation Society, vuole educare la popolazione mondiale alla sostenibilità e al rispetto per l’ambiente, incentivando alla riduzione dell’uso dei sacchetti di plastica monouso e, quindi, prevenendo la produzione dei relativi rifiuti. Ne approfittiamo per fare il punto sul riciclo della plastica tradizionale e capire, nel modo più oggettivo possibile, se effettivamente si tratti di un materiale “diabolico”, come oggi lo dipingono, oppure di una risorsa preziosa che può essere utilizzata circolarmente al pari dei materiali più eco-compatibili. […]