Combustione illecita di rifiuti, veicoli fuori uso e deposito temporaneo: nuove pronunce della Corte di Cassazione

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Come evidenziato nella Circolare n° 50/2020 di Assorecuperi, i mesi estivi appena trascorsi sono stati “caldi” sul fronte rifiuti non soltanto per l’approvazione del “Pacchetto Economia Circolare” ma anche per tre ordinanze della Corte di Cassazione relativamente a controversie su alcuni specifici aspetti della gestione ambientale: la combustione illecita di rifiuti nell’esercizio di attività d’impresa, la cessazione di qualifica di rifiuto per i veicoli fuori uso e il deposito temporaneo.

 

Ordinanza n° 18112 del 12 giugno 2020: combustione illecita di rifiuti nell’esercizio di attività d’impresa

La Corte di Cassazione ha ribadito la particolare gravità della combustione illecita di rifiuti qualora avvenga durante l’esercizio di attività d’impresa.
Per il titolare di un’azienda nella quale è stato appiccato il fuoco a un deposito incontrollato di materiale cartaceo, infatti, sono state confermate, oltre agli aumenti di pena di cui al c. 3 dell’art. 256-bis del D.Lgs. 152/2006, anche le sanzioni interdittive previste dall’art. 9 del D.Lgs. 231/2001.
L’imprenditore incriminato si è, così, visto confermare il “divieto di esercizio dell’attività; sospensione o revoca delle autorizzazioni funzionali alla commissione dell’illecito; divieto di contrattare con la pubblica amministrazione; esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi ed eventuale revoca di quelli già concessi; divieto di pubblicizzare la propria attività”. La particolare gravità di queste sanzioni – una vera e propria “pena capitale” per l’impresa – ribadiscono quanto sia fondamentale attenersi alle norme ambientali non soltanto per prevenire rischi e sanzioni, ma anche per assicurare la continuità e la sopravvivenza stessa del proprio business.

 

Ordinanza n° 21153 del 16 luglio 2020: veicoli fuori uso ed end of waste

La Corte di Cassazione ha confermato come siano necessarie, ai fini della cessazione di qualifica di rifiuto dei veicoli fuori uso, le operazioni di messa in sicurezza ai sensi del D.Lgs. 209/2003: senza di queste questi specifici rifiuti non possono considerarsi “trattabili” ovvero non sono soddisfatte le condizioni necessarie alla qualifica di end of waste di cui all’art. 184-ter del D.Lgs. 152/2006.
La pronuncia è avvenuta in conseguenza alla notifica di gestione illecita di rifiuti a un soggetto sorpreso a trasportare parti di veicoli fuori uso in assenza di autorizzazione, ovvero privo di iscrizione all’Albo Gestori Ambientali, e di idonea documentazione. Il ricorso del reo, secondo il quale trattavasi di “parti di ricambio” e non di rifiuti, è stato rigettato dalla Corte di Cassazione, in quanto i materiali risultavano sporchi di olio e idrocarburi, nonché si presentavano in evidenti condizioni tali da non renderne possibile il riutilizzo tal quali, costituendo cioè un inequivocabile mix di rifiuti pericolosi.
La Corte di Cassazione ha così sottolineato come un rifiuto cessi di essere tale solo quando sia stato sottoposto a un’operazione di recupero e soddisfi i criteri e le condizioni dell’art. 184-ter D.Lgs. 152/2006.

 

Ordinanza n° 21289 del 17 luglio 2020: deposito temporaneo dei rifiuti

La Corte di Cassazione ha ribadito il concetto di “disfarsi” alla base della definizione di rifiuto, in seguito alla notifica del reato di deposito incontrollato di rifiuti nei confronti di un titolare d’impresa che ha scaricato materiali edili di risulta in un’area chiusa verde. Nello specifico, l’imputato sosteneva che non si trattasse di “rifiuti” in quanto materiali di cui non c’era volontà di disfarsi, ma collocati temporaneamente in un’area chiusa e sulla quale vantava idonei diritti d’uso.
La Corte, considerando le circostanze di fatto quali l’area precedentemente intatta e l’accumulo dei materiali avvenuti nel tempo, ha dapprima confermato che trattasi di “rifiuti in ragione del parametro oggettivo della “destinazione naturale del bene dell’abbandono”. Ha inoltre escluso il richiamo aldeposito temporaneo” in ragione della totale mancanza del rispetto dei limiti quantitativi e temporali per l’avvio a recupero o smaltimento.

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