Green finance: indice di sostenibilità ambientale strategico per prestiti e finanziamenti

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“Le banche, al momento di erogare i loro prestiti, potranno valutare l’indice di sostenibilità ambientale degli investimenti, sulla base di sei indicatori definiti dal Ministero dell’Ambiente”. Il Ministro Sergio Costa non lascia margini di interpretazione: il legame tra sostenibilità e finanza è sempre più stretto ed è necessario adeguarsi in fretta. Per intercettare i fondi del Recovery Plan e, ancor più, gli almeno 1.000 miliardi di euro del Green Deal europeo, è fondamentale misurare oggettivamente la sostenibilità degli investimenti.

Green finance: niente finanziamenti per chi non è sostenibile

Al termine di una recente bilaterale con la ministra francese alla Transizione ecologica Barbara Pompili, nelle dichiarazioni alla stampa il Ministro Sergio Costa ha evidenziato come il Recovery Plan offra l’opportunità, per imprese grandi e piccole, di accelerare la propria transizione verso una economia decarbonizzata ed ecologica. In tale contesto, oltre agli incentivi fiscali, la green finance assume sempre più importanza per lo sviluppo economico del tessuto produttivo europeo: con il Next Generation EU, l’indice di sostenibilità ambientale diventa un parametro imprescindibile per ottenere prestiti e finanziamenti.

La sostenibilità ambientale come chiave della ripresa economica e driver degli investimenti futuri è stata protagonista anche al Rome Investment Forum 2020, la conferenza internazionale organizzata da Federazione Banche, Assicurazioni e Finanza (FeBAF). In attesa della strategia per la finanza sostenibile che la Commissione europea presenterà nella prossima primavera e mentre è ancora in corso il dibattito sui green bond, è emersa la necessità di revisionare le attuali regole sulla rendicontazione non finanziaria da parte delle imprese, in modo da consentire agli investitori e alle autorità pubbliche di ottenere informazioni “sufficienti, coerenti e comparabili” per orientare gli investimenti.

L’importanza dei criteri ESG

Negli ultimi dieci anni, i criteri ESG (Environment, Social and Governance) sono diventati sempre più strategici per dar vita a relazioni profittevoli tra aziende e investitori. “Gli investitori hanno osservato che le aziende con un funzionamento ‘sano’, cioè che integrano sul serio le questioni ambientali, sociali o di governance nella propria strategia, realizzano migliori performance operative e finanziarie,” afferma Jean-Marc Duplaix, direttore finanziario del gruppo Kering, evidenziando come la pandemia da Covid-19 abbia accelerato la tendenza in atto portandoci a un vero e proprio punto di svolta. “I risparmiatori e gli investitori non vogliono più investire in settori problematici, per ragioni etiche ma anche pragmatiche: il rischio è troppo alto.”
Le tematiche ESG, infatti, sono diventate propedeutiche anche a una corretta gestione del rischio. Imprese e investitori sono sempre più consapevoli del fatto che problematiche quali i cambiamenti climatici – pensiamo alle alluvioni che negli ultimi decenni hanno flagellato il Centro Europa oppure ai grandi incendi in California e Australia –, l’inquinamento o la perdita di biodiversità hanno conseguenze dirette anche sulla continuità del business, rappresentando un fattore di pericolo rilevante.

Riflettori puntati sulla governance sostenibile

È ormai chiaro agli investitori come un’impresa che investa in ESG ottenga benefici nel medio e lungo termine: attira infatti, i migliori talenti e fidelizza i consumatori più critici sulle questioni ambientali e sociali, garantendosi così uno sviluppo più solido e duraturo, ma ne guadagna anche in termini di efficienza dei processi e prevenzione di rischi e sanzioni.

Un’impresa che integra lo sviluppo sostenibile nella propria governance, dunque, è un’impresa più sana agli occhi degli investitori. La sostenibilità deve essere posta al centro della strategia aziendale: le attività finalizzate a dare concretezza alla cosiddetta Corporate Social Responsibility (CSR) avranno ricadute dirette non soltanto sul piano etico ma, prima di tutto, sulla crescita del business. Compito della governance aziendale, allora, è tenere salda la bussola degli ESG e impegnarsi concretamente nell’implementazione di strategie misurabili. Cioè rispondere a uno dei principali bisogni di investitori e stakeholder: disporre di dati oggettivi per valutare l’impatto positivo di un’impresa sull’ecosistema che la circonda.

Proprio a questo serviranno i sei indicatori annunciati dal Ministro Costa: senza attenzione per l’ambiente sarà sempre più difficile garantire il futuro alle nostre aziende poiché, ormai è chiaro, verrà a mancare non anche la fiducia degli istituti di credito. La competitività di un’organizzazione si misurerà, quindi, anche da quello che possiamo definire il “conto economico ambientale”, cioè dalla misura economica dell’impatto ambientale di tutte le attività dell’impresa. Un conto che rappresenterà, inoltre, uno strumento propedeutico all’ottimizzazione dei processi interni e quindi traducibile in nuovo valore da erogare a clienti e stakeholder.

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