Composti fluorurati negli imballaggi alimentari: dobbiamo temere per la nostra salute?

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Le sostanze polifluoroalchiliche (PFAS), anche denominate composti fluorurati, sono largamente impiegate in vari settori poiché forniscono resistenza, resilienza e durata ai materiali ai quali vengono associate. L’industria alimentare è uno di questi: i PFAS vengono utilizzati per produrre un’ampia gamma di materiali a contatto con alimenti, compresi gli imballaggi.

Gli imballaggi per alimenti proteggono la qualità e l’integrità del cibo, prolungano la durata di conservazione e garantiscono condizioni di trasporto igieniche. Alcuni PFAS, in particolare i prodotti a base di fluorotelomeri, vengono utilizzati per impedire alle sostanze oleose contenute negli alimenti di filtrare attraverso gli imballaggi. Una funzione estremamente utile nel caso, ad esempio, di imballaggi in carta e cartone per alimenti ad alto contenuto di olio o grassi, come sacchetti di popcorn, scatole per pizza e piatti usa e getta. Il trattamento previene così la fuoriuscita di olio e grasso su indumenti, pelle, mobili o interni di automobili, aumenta la durata di alcuni alimenti e riduce la quantità di imballaggi in plastica richiesti. Nelle applicazioni per prodotti alimentari caldi, come i sacchetti di popcorn, il trattamento impedisce la migrazione di olio caldo attraverso la confezione, prevenendo in questo modo anche le ustioni.

Un’altra importante categoria di PFAS, noti come fluoropolimeri, è composta da materie plastiche speciali utilizzate per la realizzazione di materiali sottoposti a un contatto ripetuto con alimenti, come tubazioni e tubi flessibili in distributori di soda e gelato, e componenti di apparecchiature per il trattamento degli alimenti come guarnizioni, sigillanti e filtri.

 

Produrre in sicurezza

L’uso di PFAS nelle applicazioni per il contatto alimentare ha di recente destato l’attenzione dell’opinione pubblica, preoccupata per le eventuali conseguenze sulla salute derivanti da un’eccessiva esposizione a tali sostanze.
Anche per questo motivo, i principali produttori di fluorurati negli Stati Uniti, in Giappone e in Europa lavorano a stretto contatto con i normatori di tutto il mondo, testando i loro prodotti per garantire che soddisfino gli standard internazionali di salute e sicurezza richiesti agli imballaggi e alle altre applicazioni di contatto alimentare. Negli Stati Uniti, ad esempio, le sostanze chimiche utilizzate a questi scopi sono regolate dalla Food and Drug Administration (FDA) in quanto “additivi alimentari”.

La FDA ha stabilito che i PFAS attualmente utilizzati in imballaggi per alimenti e altre applicazioni di contatto con alimenti sono sicuri per l’uso previsto.

 

Fluorotelomeri di vecchia e nuova concezione

Una decina di anni fa, i maggiori produttori di fluorotelomeri hanno iniziato a collaborare con l’EPA (Environmental Protection Agency) e altri regolatori per eliminare progressivamente i prodotti fluorotelomerici a catena lunga e i PFOA.

Il phase-out di PFAS a catena lunga da parte dei principali produttori è ora completo. Per garantire ancora agli imballaggi e agli altri materiali destinati al contatto con gli alimenti i preziosi benefici apportati dall’utilizzo dei PFAS, i produttori hanno lavorato, in collaborazione con i legislatori, allo sviluppo di alternative chimiche innovative basate su prodotti polimerici a base di fluorotelomero short-chain.

È noto e generalmente assodato che i prodotti polimerici utilizzati in queste applicazioni non rappresentano un rischio significativo per la salute o la sicurezza. I prodotti di degradazione di questi polimeri a base di fluorotelomero a catena corta hanno migliorato significativamente i profili di salute e sicurezza, rispetto ai precedenti prodotti a base di fluorotelomero a catena lunga. Infatti, i prodotti di degradazione dei polimeri a base di fluorotelomero a catena corta utilizzati negli imballaggi per alimenti sono meno tossici e vengono eliminati molto più rapidamente dal corpo.

Nel 2011, i principali produttori di PFAS per imballaggi alimentari hanno cessato volontariamente l’uso di alcuni rivestimenti a base di fluorotelomero a catena lunga. Quelli rimanenti sono stati banditi da FDA nel 2016, attestando così ufficialmente la distinzione tra prodotti a base di fluorotelomero a catena lunga, ormai vietati, e gli attuali prodotti a base di fluorotelomero a catena corta. Nella nota di revoca, FDA ha affermato:

The toxicological profile of extended perfluorinated alkyl chains varies with chain length: On a general basis, those with extended perfluorinated alkyl chains greater than or equal to eight carbons in length [long chain] demonstrate biopersistence in chronic feeding studies, while those with extended perfluorinated alkyl chains less than eight carbons in length [short chain] do not.”

“Il profilo tossicologico delle catene alchiliche perfluorurate estese varia con la lunghezza della catena: in generale, quelli con catene alchiliche perfluorurate estese maggiori o uguali a otto atomi di carbonio [catena lunga] dimostrano biopersistenza negli studi sull’alimentazione cronica, mentre quelli con perfluorurato con catene alchiliche estese inferiori a otto atomi di carbonio [catena corta] no.”

 

Studi recenti

Uno studio pubblicato nell’edizione di febbraio 2017 di Environmental Science & Technology Letters ha innescato il più recente dibattito sull’uso di PFASs nel packaging alimentare. Nello studio, i ricercatori hanno testato campioni di materiali di imballaggio alimentare da fast food per il contenuto di fluoro, sulla base del limite danese che regola la presenza di organofluorurati, considera i PFAS correlati al PFOA e aggrega tutti i composti organofluorurati come equivalenti PFOA. La letteratura scientifica non supporta l’assunzione che il rischio tossicologico per tutti i PFASs sia da considerarsi equivalente a PFOA, né il limite complessivo di organofluorurati. È importante sottolineare che la misurazione del fluoro totale non è indicativa dell’uso o del livello di PFAS.

I ricercatori hanno condotto ulteriori test specifici per PFAS su 20 materiali campione e hanno notato che alcuni campioni contenevano PFOA. Poiché i campioni sono stati raccolti nel 2014 e 2015, prima dell’azione FDA del 2016 per impedire l’uso di prodotti a base di fluorotelomeri a catena lunga, non sorprende che in alcuni di questi prodotti possa essere stato rilevato il PFOA. Inoltre, non stupisce neanche che i PFAS vengano rilevati in imballaggi alimentari, poiché gli attuali PFAS a catena corta sono utilizzati per migliorare le prestazioni dell’imballaggio e sono stati accettati dalla FDA per l’utilizzo nelle applicazioni food contact.

 

Alternative non fluorurate

Al momento, non sono state ancora trovate alternative non fluorurate che forniscano proprietà prestazionali comparabili ai PFAS. Commenti recenti hanno rilevato che alcuni imballaggi alimentari non sono stati trattati con PFAS concludendo che sono disponibili trattamenti non fluorurati. Questa osservazione non riconosce l’ampia gamma di esigenze prestazionali e il fatto che alcuni imballaggi alimentari non siano semplicemente trattati con PFAS, perché non ci si aspetta che la confezione fornisca resistenza a olio e grasso.

Nel selezionare materiali di imballaggio che forniscono resistenza a olio e grasso, la riciclabilità è un’altra considerazione strategica: il trattamento degli imballaggi con PFAS non influisce sulla capacità di riciclare l’imballaggio. Molte altre alternative possono impedire il riciclo della confezione o la sua compostabilità.

Tipicamente, i fluoropolimeri usati nelle applicazioni di contatto con gli alimenti hanno un peso molecolare sufficiente da non essere biodisponibili e sono estremamente stabili; pertanto esiste un ampio consenso sul fatto che non presentino un rischio significativo per la salute umana o l’ambiente.

 

I composti fluorurati ammessi in Italia e in Europa

In Italia, i composti fluorurati ammessi come additivi in materiali a contatto con gli alimenti sono:

Materiali polimerici:

  • Sale di magnesio-sodio-fluoruro dell’acido silicico;

Elastomeri:

  • Fluoruro di vinilidene;
  • Fluorurati in generale;
  • Tetrafluoroetilene;

Carta e cartone:

  • Copolimero perfluoroalchilacrilato;
  • Acido difosforico, polimeri con esteri metilici ridotti etossilati di tetrafluoroetilene polimerizzato ossidato ridotto;
  • Ammonio-bis-(N-etil-2-perfluoroottansulfonamido-etil) fosfato contenente non più del 15% di ammonio-mono (N-etil-2 Perfluoroottansulfonammido-etil) fosfato;
  • Sale acetico del copolimero di perfluoroalchiletilacrilato, vinilacetato e dimetilamminoetilmetacrilato;
  • Sali di ammonio di esteri di acidi fosforici perfluoroalchil sostituiti formati dalla reazione di 2,2′-bis[alfa, omega-perfluoro C9-C20 alchiltio) metil]-1,3-propandiolo, acido polifosforico e idrossido di ammonio alla concentrazione massima dello 0,44% p/p nel prodotto finito secco.

In Europa, nel maggio 2019 è stata pubblicata la Raccomandazione UE n° 794/2019 che definisce un piano di controllo per stabilire la prevalenza delle sostanze presenti nei materiali di imballaggio e/o che migrano in alimenti.

L’obiettivo del piano di controllo è stabilire la prevalenza delle sostanze che migrano nei prodotti alimentari dai materiali con cui entrano in contatto o la presenza di sostanze nel materiale stesso. Pertanto, le autorità competenti degli Stati membri dovrebbero effettuare controlli ufficiali al fine di stabilire la prevalenza sul mercato dell’Unione europea per quanto riguarda:

  • la migrazione di determinate sostanze dai MOCA agli alimenti;
  • la presenza di determinate sostanze nei MOCA;
  • la migrazione globale dai MOCA in plastica.

In una tabella sono descritte le tipologie di materiali che i laboratori di riferimento dovranno campionare insieme alle sostanze per le quali occorre analizzare la migrazione, tranne nel caso dei composti fluorurati, per i quali è necessario analizzare la quantità nei materiali e oggetti a base di carta e cartone, compresi quelli utilizzati per avvolgere alimenti fast-food e da asporto, prodotti di panetteria e buste di popcorn per microonde.

I controlli, eseguiti conformemente alla legislazione pertinente sui MOCA, potranno aver luogo dal 10 giugno 2019 al 31 dicembre 2019 e i risultati essere comunicati alla Commissione utilizzando un formato comune entro il 29 febbraio 2020.

 

Composti fluorurati: mantieni alta la guardia

La preoccupazione per l’impatto dei PFAS sulla salute umana e l’ambiente resta alta.

Più di 200 scienziati di 38 Paesi hanno firmato la Dichiarazione di Madrid che evidenzia il potenziale dannoso dei PFAS. La dichiarazione si conclude con una richiesta di cooperazione internazionale per limitare la produzione e l’uso di PFAS e nello sviluppo di alternative non fluorurate più sicure.

L’acido perfluorottano sulfonato (PFOS) e l’acido perfluoroottanoico (PFOA) sono i PFAS che ad oggi hanno ricevuto più attenzione poiché considerati inquinanti organici persistenti (POP – Persistent Organic Pollutants): sono tossici, estremamente resistenti alla degradazione, si accumulano nelle catene alimentari e possono avere una lunga emivita nell’uomo (da 1,5 a 9,1 anni per PFOA e da 2,29 a 21,3 anni per PFOS).

Nel 2009, i PFOS erano stati menzionati nella Convenzione di Stoccolma delle Nazioni Unite sugli inquinanti organici persistenti, mentre l’UE ha identificato il PFOA come una sostanza estremamente preoccupante ai sensi del regolamento REACH, a causa delle sue proprietà persistenti, bioaccumulanti e tossiche.

Gli effetti sulla salute associati ai composti fluorurati diversi da PFOS e PFOA non sono ancora ampiamente studiati. Tuttavia, le ricerche intraprese fino ad oggi indicano che anche altri composti fluorurati possono comportare rischi per la salute umana e ambientale.  Per questo, al momento non resta che tenere alta l’attenzione e attendere nuove disposizioni.

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