Reato di gestione illecita dei rifiuti: ne risponde solo l’imprenditore?

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La sentenza n° 2575 del 25 gennaio 2019 della Corte di Cassazione ha stabilito che per il reato di gestione illecita dei rifiuti non è necessario il requisito minimo dell’“imprenditorialità”: è sufficiente che sia rilevata una condotta minimamente organizzata.

Gestione illecita dei rifiuti: “chiunque” ne risponde?

Il dibattito nasce sull’interpretazione del termine “chiunque”, nell’art. 256 del D.Lgs. 152/2006: pronome nel quale si identifica colui che è autore di reato nell’eventualità in cui effettui “attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti in mancanza di autorizzazione”.
Il ricorrente ha impugnato la pronuncia della Corte d’Appello, affermando l’interpretazione secondo la quale il termine “attività” è da ricondurre a una condotta organizzata analoga a quella richiesta per l’imprenditorialità come da art. 2082 del Codice Civile. Secondo tale tesi, dunque, la norma utilizzerebbe impropriamente il termine “chiunque” e il privato che abbandoni occasionalmente rifiuti dovrebbe rispondere al solo illecito amministrativo ai sensi dell’art. 255 del D.Lgs. 152/2006.

La Cassazione, dichiarando inammissibile il ricorso, ha affermato che è sufficiente una sola condotta integrante una delle ipotesi alternative prevista dalla norma, purché costituisca attività di gestione di rifiuti non occasionale, affinché si configuri il reato in questione. In questo modo, i Giudici hanno valorizzato l’elemento organizzativo della condotta contestata (nella fattispecie, è manifestata nell’utilizzo di un veicolo funzionale al conferimento dei rifiuti, al fatto che il reo traesse profitto da tale attività e dalla non occasionalità di tale condotta), affermando che:

il pronome indefinito “chiunque” contenuto nella fattispecie di cui all’art. 256, comma 1, D.Lgs. fa riferimento a tutte le categorie indicate nella norma definitoria generale, e quindi anche al “detentore”, senza che al riguardo possano essere introdotte surrettizie limitazioni interpretative fondate sui requisiti – non espressamente richiesti – di imprenditorialità e/o di professionalità, dovendo invece essere soprattutto valutati indici dai quali poter desumere un minimum di organizzazione che escluda la natura esclusivamente solitaria della condotta.

Gestione illecita dei rifiuti: conta l'”organizzazione” della condotta

In base a tale Sentenza, tolta dunque la necessità dei requisiti di imprenditorialità o professionalità, i fattori determinanti a definire il livello di “organizzazione” necessario affinché sia delineato un contesto di reato sono dunque da individuarsi ne:

  • la quantità e la tipologia dei rifiuti in oggetto;
  • l’uso di un mezzo adeguato e funzionale al trasporto;
  • la quantità di soggetti coinvolti nella condotta.

 

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