Forse non tutti sanno che esiste una norma che regolamenta il segnale di allarme e pre-allarme per gli impianti fissi di rivelazione e segnalazione antincendio. Si tratta della UNI 11744, entrata in vigore il 4 aprile 2019.
Con essa si appiana ulteriormente il divario presente tra l’approccio all’emergenza mediterraneo e quello anglosassone, introducendo anche in Italia una fase che richiama lo “stay-put” più tipico dei paesi del Nord Europa.
Entrando nel concreto della norma, essa propone due pattern che individuano la fase di allarme e di preallarme con due suoni distinti:
- Il primo attraverso un suono continuo con una frequenza di circa 970 Hz (un B5 per chi mastica di musica). È possibile ascoltare il pattern di allarme cliccando qui.
- il secondo con un dente di sega a variazione di un secondo dagli 800 ai 970 Hz (da G5 a B5 senza soluzione di continuità, tipo theremin). È possibile ascoltare il pattern di preallarme cliccando qui.
Interessante leggere come, nel caso di presenza di persone con difficoltà uditive, la norma consigli di passare all’uso di frequenza più basse che, notoriamente, sono quelle che restano più avvertibili dall’orecchio umano anche in caso di ipoacusia.
Il normatore ha anche dato indicazioni in riferimento al riconoscimento e alla durata del segnale, al livello di pressione sonora, all’integrazione con sistemi EVAC e all’uso di segnalazioni ottiche o a vibrazione. Si lascia al lettore l’approfondimento di queste tematiche.
In questa sede riprendiamo, invece, i diversi scopi dei due segnali acustici come descritti nella generalità della UNI 11744.
Il suono di preallarme permette di avvisare gli occupanti della possibilità di un’evacuazione imminente, dando il tempo a ciascuno di attivare la procedura personale legata alla propria mansione. A titolo di esempio, si può citare la messa in sicurezza di macchinari che non possono essere abbandonati istantaneamente da un operatore. Inoltre, così facendo, viene dato il tempo di valutare, da parte degli addetti all’emergenza, la reale necessità di esodo degli ambienti scongiurando lo spiacevole fenomeno dei falsi allarmi.
L’allarme vero e proprio resta l’invito a ciascuno di portarsi al più presto in zona sicura, secondo quanto siamo già abituati dalle prove periodiche di esodo che sono svolte nelle nostre attività lavorative. Ovviamente, non viene meno il diritto del lavoratore ad abbandonare il luogo di lavoro in caso di pericolo imminente, né la possibilità di omettere la fase di preallarme qualora si verifichino immediatamente le condizioni di un esodo generale.
A parere dello scrivente, l’aver esplicitamente evidenziato i pattern per due fasi distinte dell’emergenza ha due grossi vantaggi:
- Aver unificato i vari allarmi in modo tale che essi accompagnino la vita di ciascuno di noi indipendentemente dal luogo in cui ci troviamo, giacché la norma si applica a tutte le destinazioni d’uso. Ricordo che i diversi allarmi sono già nella cultura di molti paesi del nord Europa.
- Aver ulteriormente avallato la pratica dell’evacuazione per fasi, tempi e modi secondo una procedura e non, come è pratica tipicamente italiana, un fuggi fuggi alla si salvi chi può con conseguenze anche gravi, quali le note piazza san Carlo e discoteca di Corinaldo.
Non può, a questo punto, non nascere l’invito a tutti coloro che si occupano di sicurezza a provvedere a rivedere il proprio piano di emergenza e la logica di funzionamento dei vostri IRAI.
Per maggiori informazioni, potete contattare il nostro esperto Simone Villa scrivendo a s.villa@ecolstudio.com
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