Covid-19. Gestione dei fanghi di depurazione: le indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità

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Il 3 aprile scorso, il Gruppo di Lavoro Ambiente-Rifiuti Covid-19 dell’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato il Rapporto n° 9/2020 recante Indicazioni ad interim sulla gestione dei fanghi di depurazione per la prevenzione della diffusione del virus SARS-Cov-2.
Attraverso questo documento, l’ISS descrive le modalità in cui gestire i fanghi di depurazione in sicurezza, prevenendo la diffusione del Coronavirus. Recupero, trattamento, smaltimento e riutilizzo: vengono fornite raccomandazioni relative a ogni fase della gestione dei fanghi, nel rispetto delle prescrizioni normative di riferimento e limitatamente alle circostanze emergenziali.
I destinatari del documento sono:

  • i gestori del servizio idrico integrato;
  • gli operatori degli impianti di depurazione;
  • le autorità ambientali e sanitarie di ogni livello territoriale.

 

Acque reflue e Coronavirus: quali rischi ci sono?

A oggi mancano dati e osservazioni attendibili eseguite sul virus SARS-CoV-2, responsabile della pandemia in corso. Precedenti osservazioni su virus affini quale la SARS-CoV-1, hanno evidenziato come durante l’epidemia del 2003 i condotti delle acque reflue abbiano rappresentato un potenziale veicolo di trasmissione del virus. Poteva infatti accadere che, dalle feci di pazienti infetti e attraverso la produzione di droplets contaminati provenienti dal sistema fognario, il virus venisse reintrodotto all’interno delle abitazioni attraverso le condotte aerauliche. In fluidi corporei come feci e siero, si è osservato come il virus della SARS-Cov-1 potesse resistere fino a 96 ore; tempo che si riduceva sensibilmente, invece, in presenza di urine.
Allo stesso modo, si è rilevato come il coronavirus felino (FCoV) resista nelle feci per circa 10 giorni, arrivando a permanere nell’ambiente fino a 3-7 settimane.
Dunque, è ragionevole pensare che anche le particelle virali del SARS-CoV2 possano sopravvivere e diffondersi attraverso i sistemi fognari e negli impianti di depurazione. Ecco perché si è reso necessario, per l’Istituto Superiore di Sanità, emanare le presenti Indicazioni sulla gestione dei fanghi.

 

Temperatura, disinfettanti e pastorizzazione: che cosa abbatte il virus?

Gli studi sul SARS-CoV-1 hanno evidenziato come la sopravvivenza dei Coronavirus dipenda in larga misura dalla temperatura degli ambienti idrici nei quali si trovano. Nei reflui urbani, in quelli ospedalieri e nell’acqua di rubinetto declorata, le particelle virali sopravvivono fino a 2 giorni a una temperatura media di 20°C; tempi che si allungano notevolmente se queste matrici si mantengono a una temperatura media di 4°C: fino a 14 giorni.
Ciò evidenzia come temperature più alte siano utili ad abbattere il virus, al pari dei più comuni disinfettanti utilizzati negli impianti di depurazione, quali il cloro e il biossido di cloro. Questi si dimostrano in grado di disattivare totalmente il virus in tempi più rapidi e con concentrazioni minori di quelle necessarie ad abbattere la concentrazione dei batteri utilizzati comunemente come indicatori per valutare la qualità microbiologica delle acque secondo le normative vigenti.
Infine, gli studi hanno dimostrato come i Coronavirus resistano più a lungo in reflui pastorizzati rispetto a quanto avvenga in quelli non tratti. Probabilmente, perché sono utili all’abbattimento del virus anche gli enzimi extracellulari batterici ed eventuali altre comunità microbiche naturalmente presenti nei reflui, che con la pastorizzazione vengono invece disattivate, impedendo loro di esercitare un’azione antagonista nei confronti delle particelle virali.

 

Fanghi in agricoltura e Coronavirus: ci sono rischi?

Uno studio del 2011 commissionato dall’EPA, l’agenzia per la protezione dell’ambiente statunitense, ha evidenziato come sia possibile rintracciare la presenza dei Coronavirus umani (229E e HKU1) nei fanghi di depurazione trattati, pronti per essere riutilizzati in agricoltura. Ugualmente, sono stati identificati in fanghi in entrata e in uscita da digestori anaerobici.
Tali evidenze, per l’EPA, non sono comunque sufficienti a indicare la presenza di un reale rischio. Non sono, infatti, stati documentati episodi di infezione associati all’esposizione di fanghi trattati e riutilizzati in agricoltura. Inoltre, per quanto riguarda il Coronavirus bovino è stata osservata un’elevata capacità di adsorbimento da parte di materiali solidi e particolato quali carbone, betonite sodica, caolinite e altri.

 

Come gestire in sicurezza i fanghi di depurazione?

Alla luce di queste evidenze, dunque, l’Istituto Superiore di Sanità sottolinea l’importanza di condurre gli impianti di depurazione assicurando il corretto svolgimento delle metodologie consuete e nel rispetto delle prescrizioni vigenti, raccomandando, in particolare, la digestione termofila, il trattamento con calce, l’essiccamento al calore e il lagunaggio ovvero un trattamento che garantisca un’ossidazione adeguatamente prolungata.
Per il riutilizzo in agricoltura, è inoltre importante rispettare i tempi minimi di ritenzione, ovvero i tempi di trattamento sommati a quelli di stoccaggio, prima dello spandimento.

Decadimento del coronavirus nei fanghi di depurazione.
Stima del tempo minimo di ritenzione dei fanghi di depurazione prima del riutilizzo (Fonte: Istituto Superiore di Sanità)

Riguardo, invece, lo smaltimento in discarica, è necessario rispettare le norme di sicurezza nella fasi di raccolta presso gli impianti e trasporto, evitando la formazione di aerosol e polveri ed ogni forma di dispersione.
La Tabella in allegato alle Indicazioni riportano modalità e tempi dei trattamenti necessari a ridurre eventuali rischi.
Per maggiori informazioni, le Indicazioni ad interim sulla gestione dei fanghi di depurazione per la prevenzione della diffusione del virus SARS-Cov-2 sono scaricabili cliccando qui.

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