Emergenza Covid-19 e qualità dell’aria: un’opportunità per l’ambiente?

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Sei abbastanza adulto o ferrato in storia contemporanea da ricordare il Grande Smog che avvolse Londra nel dicembre del 1952? Questo evento è considerato la prima catastrofe ambientale e, a suo modo, può dirci qualcosa su quello che sta accadendo oggi in piena emergenza Covid-19 in merito al rapporto tra diffusione del virus e qualità dell’aria.

Confesso che non conoscevo questo episodio: ahimè, la storia più recente, che tanto ci potrebbe insegnare, è spesso quella più sacrificata nei programmi scolastici! Ma qualche sera fa, guardando un episodio di una nota serie Netflix (viva la comunicazione di massa!), ho potuto apprendere questa vicenda, e voglio raccontarvi cosa ho imparato.

Nei primi giorni di dicembre del 1952, in una Londra in frenetica ripresa da dopo-guerra gli scienziati delle previsioni meteo lanciarono un’allerta che fu sottovalutata. Tra il 3 e il 4 dicembre 1952 la città fu sommersa da una densa nebbia altamente tossica e pericolosa. L’umanità riuscì a trarre insegnamento da questa catastrofe e gettò le basi delle politiche ambientali moderne.

Ve la voglio raccontare perché, rileggendola con attenzione e trasportandola ai giorni nostri, potremmo apprendere qualcosa di utile alle prossime generazioni.

Il Grande Smog del 1952: cosa accadde e perché

Il team scientifico che allora seguiva i fenomeni meteorologici per il Regno d’Inghilterra, tentò di allertare con lieve anticipo il governo inglese, ma un anziano Mr. Churchill e una giovane Regina Elisabetta, di recente e improvvisa nomina, non seppero coglierne la complessità, la gravità e le conseguenze; questo per mancanza di esperienza, dovuta alla rarità delle circostanze che si presentarono, all’aspetto straordinario che questo episodio rappresentò per il loro paese.

Perché straordinario, ti chiederai? Durante il XIX e all’inizio del XX secolo Londra era famosa per le fitte nebbie che spesso scendevano sulla città. E ancora oggi, nell’immaginario collettivo, lo è per molti europei.

Queste nebbie ripetute non erano tanto un fenomeno atmosferico, quanto la conseguenza di un inquinamento derivante da un’urbanizzazione vasta e concentrata. Le emissioni incontrollate delle fabbriche si mescolavano quotidianamente nell’aria con il fumo di mezzo milione di fuochi domestici e tutto ciò finì per causare il fenomeno che allora prese il nome di smog.
In quei giorni, ci si misero pure le condizioni meteo a rendere il tutto eccezionale, straordinario appunto, e per questo molto pericoloso. Tra il 3 e il 4 dicembre 1952, infatti, a seguito di alcune coincidenze meteorologiche, l’anticiclone delle Azzorre si spostò sull’Atlantico settentrionale, provocando un’inversione termica sulla City e dando così vita al Grande Smog.

Esperienza, conoscenza e opportunità

L’inesperienza di allora non permise di valutare sul momento e con la giusta importanza le “condizioni meteo eccezionali”, ma offrì all’umanità i giusti presupposti per cambiare atteggiamento e comportamento nei confronti del proprio operato, dello sviluppo industriale e urbano, rivedendo, anzi gettando le basi per la moderna salvaguardia delle persone e dell’ambiente.
Dalle prime norme che furono varate in conseguenza a questo evento, sono state poi sviluppate e perfezionate quelle leggi che ancora oggi noi applichiamo e modifichiamo continuamente con l’obiettivo di essere sempre più virtuosi nei confronti del nostro pianeta e dei suoi abitanti.

Da quella tragedia, che in pochi giorni si portò via migliaia di vite nella sola città di Londra, nacquero quindi le prime disposizioni per la tutela dell’ambiente: negli anni successivi venne emanata una legge per ridurre e regolare le emissioni. Il Clean Air Act (Decreto Aria Pulita), promulgato dal Parlamento del Regno Unito e approvato dalla regina Elisabetta nell’estate del 1956, rappresenta il primo passo verso le politiche ambientali che oggi conosciamo e che, a seguito di quella catastrofe, comprendemmo essere necessarie. Solo nell’emergenza si comprese quale fosse l’unica via percorribile affinché non si ripetesse un’altra crisi ambientale, e sanitaria, come quella londinese dell’inverno 1952.

Condizioni meteo e qualità dell’aria

Non bisogna essere esperti meteorologi per sapere che esiste una stretta correlazione tra le condizioni meteo e la qualità dell’aria. In Europa sono appunto gli spostamenti dell’Anticiclone a farla da padrone, favorendo il ristagno di smog e inquinanti, mentre un’atmosfera dinamica con pioggia, neve e vento migliora la qualità dell’aria rendendola più pulita.

La qualità dell’aria, però, si determina con un insieme di fattori e solo una valutazione completa e organica degli stessi consente di portare a conclusioni tecnicamente sostenibili. Ecco perché le Arpa regionali, anche per l’emergenza Covid-19, hanno la priorità di mantenere attiva e funzionale la rete di rilevamento e tutte le attività manutentive necessarie. Solo così possiamo garantire il necessario servizio all’intera comunità e la possibilità di fare delle valutazioni oggettive nei prossimi mesi.

Un’analisi completa come quelle che abitualmente svolgono gli enti preposti richiede diversi dati quantitativi oltre alle analisi di laboratorio sul materiale particolato raccolto. In questo modo, adottando un metodo semplice ma strutturato, si effettua la ricerca di traccianti delle diverse sorgenti, utili per fare confronti oggettivi e significativi che tengano in considerazione anche la meteorologia, elemento che varia di giorno in giorno e che di certo non dipende dall’attività umana.

L’inquinamento atmosferico influisce sulla diffusione del virus?

Secondo un recente position paper della Società Italiana di Medicina Ambientale, sì: esiste una correlazione diretta tra condizioni meteorologiche, presenza di inquinanti in atmosfera e diffusione del Covid-19 nella popolazione.

Nella fattispecie, è il particolato atmosferico a essere finito nel mirino degli scienziati. Stando ai risultati di studi su precedenti contagi, eseguiti tra il 2010 e il 2020 in varie parti del mondo e su varie tipologie di virus, la presenza di PM10 e PM2.5 in atmosfera aumenta sensibilmente la velocità di diffusione e la portata del contagio. Per gli eventi analizzati in passato, la correlazione tra le quantità di casi di infezione e le concentrazioni di particolato in atmosfera è stata di tipo diretto ed esponenziale.

Le prime analisi sulla diffusione del Coronavirus, eseguite dalla Società Italiana di Medicina Ambientale incrociando i livelli di PM10 e PM2.5 in Italia delle settimane appena trascorse con i dati del contagio, sembrano confermare quanto emerso da studi precedenti: il particolato atmosferico funge da carrier ovvero da vettore di trasporto per il virus, che si “attacca” attraverso un processo di coagulazione alle particelle solide e/o liquide sospese in atmosfera, diffondendosi velocemente e per ampie distanze. In particolare, l’emergenza della regione Lombardia sembra essersi generata proprio in concomitanza di importanti sforamenti nei livelli di particolato in atmosfera, che avrebbe dunque agito da boost per l’epidemia.
Dovremo attendere ulteriori e più approfonditi studi sul caso specifico, ma già emerge quanto sia importante ridurre le emissioni inquinanti in atmosfera per prevenire drammatiche epidemie come quella da Coronavirus. Tutelare la qualità dell’aria significa, mai come oggi, salvare vite umane.

Gli effetti dell’emergenza Covid-19

Così come l’inquinamento atmosferico influisce sulla diffusione del virus, allo stesso tempo l’emergenza Covid-19 ha effetti sulla qualità dell’aria. Se da un lato potrebbe essere riduttivo, semplicistico e poco interessante confrontare la situazione di queste ultime settimane con i dati emersi nello stesso periodo dell’anno precedente, è anche vero che gli effetti delle limitazioni imposte dal DPCM dell’11 di marzo rilevati, potranno essere analizzati con cognizione di causa a tempo debito.

Già in questi giorni, alcune stazioni hanno segnalato una forte diminuzione di elementi inquinanti dovuti al venir meno del traffico veicolare urbano, mettendo in evidenza una decisa riduzione delle pressioni sull’ambiente grazie al cambio delle abitudini dei cittadini.

Di sicuro, passata questa emergenza, i dati correttamente rilevati nel periodo di riferimento, potranno essere elaborati in un chiaro e completo andamento delle emissioni in atmosfera del mese di marzo 2020 in Italia e regalarci una valutazione di natura quantitativa molto approfondita e di certo ricca di spunti interessanti.

Vogliamo, applicando la morale della storia de Il Grande Smog, augurare al nostro Paese e al mondo interno che, da questa immensa catastrofe, sia possibile trarre l’opportunità di prendere posizioni virtuose in difesa dell’ambiente e delle comunità; vogliamo augurarci che, dati alla mano, ci si possa spingere verso interessanti riflessioni e decisioni lungimiranti in tema di qualità dell’aria.

Imparare dalle esperienze, anche delle più terribili

Io, personalmente, ho avuto ancora una volta la conferma che la conoscenza viene sempre dall’esperienza.

Per questo rilevare i dati è importantissimo ed è per questo che i nostri campionatori e le aziende e gli enti per cui Ecol Studio lavora non si fermano in questi giorni. Non ci possiamo fermare!

Ho capito anche, e spero anche tu, che non serve una seconda possibilità per dimostrare che abbiamo imparato la lezione, ma basta sapere trasformare la catastrofe in opportunità. E chissà che anche l’emergenza Covid-19 non diventi ben presto… un’opportunità per la qualità dell’aria!

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